Inchiesta Internazionale su Israele, sì di 32 membri su 47. Ma Italia e USA votano contro
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Inchiesta Internazionale su Israele, sì di 32 membri su 47. Ma Italia e USA votano contro
ONU: IL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL'UOMO CHIEDE UN'INCHIESTA INTERNAZIONALE
Sì di 32 su 47 membri. No di Italia e Usa
Intanto la nave irlandese Rachel Cargo è in rotta verso Gaza. A bordo il Nobel Maired Corrigan-Maguire
MILANO - Sta diventando un caso internazionale. La risoluzione votata dal Consiglio dei diritti dell'uomo dell'Onu è condivisa in linea di principio dai Paesi aderenti. Ma ha avuto diverse defezioni sul metodo. La risoluzione chiede ««l’invio di una missione internazionale per indagare su violazioni del diritto internazionale» rispetto al blitz delle forze israeliane contro la flottiglia di pacifisti diretta a Gaza. Approvata da 32 dei 47 membri del Consiglio. La Francia e il Regno Unito si sono astenuti. Gli Stati uniti si sono pronunciati contro. Come l'Italia. La Farnesina che ha sottolineato che non c'è stata «una posizione comune europea».
UNA RISOLUZIONE DIBATTUTA - La sessione straordinaria del Consiglio sul raid israeliano contro la flottiglia umanitaria diretta a Gaza era stata convocata martedì su iniziativa del rappresentante palestinese, del Sudan, del Pakistan a nome della Lega araba e dell’Organizzazione della conferenza islamica. Il dibattito animato di questi giorni ha evidenziato che esistono linee non condivise tra Paesi occidentali e mondo arabo sulla natura dell'inchiesta approvata sui «princìpi» dalla maggioranza dei Paesi.
LA POSIZIONE OCCIDENTALE E LA GIUSTIFICAZIONE D'ISRAELE - Da parte dell'Unione Europea «si è stimato che bisogna tenersi alla decisione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu a New York che ha chiesto martedì l'avvio immediato di un'inchiesta imparziale, credibile e trasparente rispetto ai criteri internazionali», ha detto un diplomatico occidentale. La differenza è il carattere internazionale o non del meccanismo. Questione di lana caprina. Che così si è espressa attraverso l'intervento, prima del voto, dell'ambasciatrice americana Eileen Donahoe: «La risoluzione crea una missione internazionale prima di dare la possibilità al governo responsabile di aprire lui stesso un'inchiesta sull'incidente e sui conseguenti rischi di esacerbare una situazione giù fragile e sensibile». Tanto per capirci: la risoluzione adottata prevede che i membri incaricati siano designati dal presidente del Consiglio dei diritti dell'Uomo i cui rapporti di forza sono notoriamente in favore dei Paesi musulmani. «Ci saremmo augurati che il Consiglio dei diritti dell'uomo, come il Consiglio di sicurezza, si fossero pronunciati all'unanimità», ha sottolineato l'ambasciatore francese Jean-Baptiste Mattéi. Mentre la maggioranza dei Paesi chiedeva di cancellare l'embargo ai palestinesi, l'ambasciatore israeliano Aharon Leshno Yaar ha spiegato le ragioni del suo Paese: «Vorrei ricordare al Consiglio- ha detto- che la Striscia di Gaza è di fatto controllata dal gruppo terroristico di Hams. Questa flottiglia, se dicente umanitaria era politica e provocatrice per natura. La minaccia sulla sicurezza di Israele è costante e reale».
CAMBIARE VOLTO A MEDIO ORIENTE - Sembrerebbe un'America poco incline alle richieste di Abu Mazen che stamattina, alla Conferenza per gli investimenti internazionali nei Territori a Betlemme, annunciava che avrebbe chiesto al presidente americano Barack Obama «decisioni coraggiose per cambiare il volto del Medio Oriente». «Il mio messaggio a Obama durante il nostro incontro a Washington la prossima settimana sarà che noi abbiamo bisogno di decisioni coraggiose per cambiare il volto della regione», ha detto in apertura di una conferenza economica di Betlemme, in Cisgiordania, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen parlando dell'incontro che dovrebbe avere con il presidente Usa il 9 giugno. Barack Obama, dal canto suo, nelle prime ore del mattino, si era espresso al telefono con il premier turco Recep Tayyip Erdogan. «È importante trovare modi migliori per fornire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, senza mettere in pericolo la sicurezza di Israele, ha detto Barack Obama che ha sottolineato la necessità di arrivare a un accordo di pace organico che preveda «la nascita di uno stato palestinese indipendente, come via per risolvere la crisi». «Gli Stati Uniti continueranno a lavorare per questo obiettivo - ha aggiunto Obama - lavorando a stretto contatto con la Turchia, Israele e gli altri attori in campo perché si abbia un Medio Oriente più stabile e sicuro».
STANDING OVATION - Il discorso di Abu Mazen è continuato senza sconti a Israele, accusandola di«terrorismo di stato». E ringraziamenti alla Turchia. «Grazie alla Turchia per quanto si è esposta», ha affermato il presidente dell'Autorità nazionale palestinese. Subito dopo le parole del leader dell'Anp, che ha anche ringraziato l'Egitto, i partecipanti alla conferenza, in gran parte provenienti dal mondo arabo, hanno fatto partire un lungo applauso con una standing ovation. «Credo che questa standing ovation arriverà alla popolazione turca, che sostiene i nostri diritti», ha detto Abu Mazen parlando poi di come anche i media israeliani abbiano deplorato l'assalto alla flottiglia. «La maggior parte dei media israeliani ha criticato questa stupida, brutale aggressione israeliana - ha detto - Spero che Israele abbia imparato la lezione e accetti ora il processo di pace e la soluzione dei due Stati». Abbas ha quindi espresso l'ulteriore speranza che «la risposta palestinese a questo massacro siano la riconciliazione nazionale e l'unificazione», con un chiaro riferimento alle divergenze tra le fazioni politiche palestinesi e alla riconciliazione tra il suo partito, al-Fatah, che guida la Cisgiordania, e quello di Hamas, che controlla la Striscia di Gaza.
RIETRO IN TURCHIA -Nel frattempo, i sei italiani fermati in Israele sono stati espulsi e sono liberi. Rilasciati questa mattina, sono in viaggio verso la Turchia gli italiani detenuti da lunedì in Israele, con altre centinaia di attivisti filopalestinesi, dopo il sanguinoso blitz contro la flottiglia di aiuti in navigazione verso la Striscia di Gaza
La notizia del rilascio, annunciata fin dalle ore precedenti, è stata formalizzata in tarda mattinata da Betlemme (Cisgiordania) dal sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, che si trova in visita nella regione. Ed è stata subito dopo confermata dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, il quale si è detto «particolarmente grato al governo israeliano per la collaborazione offerta» e per la «rapida liberazione» degli attivisti italiani. «Sono particolarmente grato al governo israeliano -ha detto il capo della diplomazia italiana- per la collaborazione offerta e alla nostra ambasciata a Tel Aviv per l'impegno con cui ha sin dall'inizio seguito la vicenda adoperandosi per la rapida liberazione dei nostri connazionali e affinché i loro diritti fossero tutelati al massimo».
I sei - Giuseppe Fallisi, Angela Lano, Marcello Faraggi, Manolo Luppichini, Manuel Zani e Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin - sono stati caricati su un pullman con altri attivisti stranieri, sotto scorta e senza possibilità di contatti con l'esterno. All'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, dove è prevista la presenza di rappresentanti diplomatici italiani, li attende un volo verso la Turchia, da dove proseguiranno per l'Italia. L'accelerazione delle procedure di espulsione è scattata sull'onda delle crescenti pressioni internazionali e dopo il via libera di ieri sera del gabinetto di sicurezza israeliano, presieduto dal premier Benyamin Netanyahu, al rimpatrio «immediato» di tutti gli stranieri fermati: inclusi quei turchi che in un primo momento avevano rischiato di finire sotto processo per la reazione violenta all'abbordaggio della Mavi Marmara, la nave guida del convoglio denominato Freedom Flotilla.
LIBERAZIONI-ESPULSIONI - Già in mattinata una cinquantina di turchi aveva lasciato il centro di detenzione di Beer Sheva, mentre nella notte era stata completata l'espulsione via terra verso la Giordania di altre 124 persone - originarie di diversi Paesi arabi e musulmani - nonchè quella di tre libanesi: tutti accolti, al di là del ponte di Allenby - che collega le due sponde del fiume Giordano - da una folla inneggiante alla «libertà della Striscia di Gaza» (l'enclave palestinese controllata dal 2007 dagli islamico-radicali di Hamas) da slogan ostili verso Israele. A bordo delle navi della flottiglia c'erano in totale 682 persone di 42 diverse nazionalità. Almeno 9 sono state uccise nell'assalto delle forze speciali della marina israeliana, mentre più di 40 sono state ferite e sono tuttora ricoverate in ospedale; una cinquantina di persone, infine, era stata rimpatriata già fra lunedì sera e ieri, avendo accettato di firmare un provvedimento amministrativo d'espulsione. Tutti gli altri stranieri - rinchiusi temporaneamente nel centro di detenzione per essersi rifiutati di firmare tale provvedimento, che li avrebbe costretti ad ammettere di essere entrati illegalmente in Israele e non catturati in acque internazionali - dovrebbero essere rimpatriati entro domani in via extra giudiziale, sulla base di quanto stabilito dal gabinetto di sicurezza.
LA ROTTA DI RACHEL - Nonostante il blocco navale un'altra imbarcazione con aiuti umanitari sta tentando di raggiungere Gaza. La Rachel Cargo, mercantile da 1200 tonnellate riconvertito e allestito dall'associazione internazionale Free Gaza Movement, partito dall'Irlanda con a bordo aiuti, si sta dirigendo verso un porto nel Mediterraneo (non precisato per motivi di sicurezza) dove imbarcherà giornalisti e personalità, per proseguire poi alla volta di Gaza. L'imbarcazione, ribattezzato con il nome della donna americana uccisa a Gaza nel 2003, è partita lunedì da Malta. A bordo, 15 attivisti, tra cui un Nobel per la pace nordirlandese. Uno dei membri dell'equipaggio, Derek Graham ha spiegato che il luogo del raid in cui lunedì hanno perso la vita nove attivisti verrà raggiunto tra venerdì sera e sabato mattina. «Dopo quello che è successo lunedì mattina, siamo più determinati che mai a continuare la nostra missione», ha alla tv di Stato irlandese Rte. Graham ha asicurato che le autorità israeliane verranno informate dell'esatta posizione dei passeggeri della nave e verrà chiesto a chi è a bordo di tenere comportamenti pacifici. Non saranno più di 15 gli attivisti che verranno imbarcati e non si esclude che tra di essi vi possano essere alcuni italiani. Si sa inoltre che sarà a bordo anche il premio Nobel per la pace Maired Corrigan-Maguire (vinto per il suo impegno per la pace in Ulster) e lalto responsabile dell'Onu, Denis Halliday. Dalla nave hanno fatto sapere che «in caso di abbordaggio da parte di navi israeliane» gli attivisti a bordo della Rachel «non opporranno resistenza e si sdraieranno a terra con le mani alzate». La Rachel è sostenuta anche dal governo irlandese che ha chiesto al governo israeliano di lasciarla passare. «Siamo in continuo contato con il governo israeliano», ha dichiarato il primo ministro Brian Cowen al Parlamento. «È imperativo che non ci siano altri conflitti e altro sangue sparso|su quella che è niente di più che una missione umanitaria», ha aggiunto il ministro degli esteri irlandese Micheal Martin. La Rachel Corrie doveva, secondo programma, arrivare oggi a Gaza. Dopo il blitz ha modificato il programma. Ora si troverebbe «tra Creta e la costa dell'Africa del nord». Ieri Brian Cowen aveva messo in guardia Israele. «Se succederà qualcosa, qualsiasi cosa, ai nostri cittadini, sarà causa di conseguenze più gravi» ha detto in Parlamento. Il governo irlandese esige che la Rachel Corrie sia autorizzata a «terminare il suo viaggio e a scaricare il suo carico umanitario a Gaza» .
AIUTI DA TERRA - Altri aiuti stanno arrivando da terra. Venticinque camion carichi di rifornimenti medici per Gaza e 400 palestinesi hanno passato la frontiera tra la Striscia e l'Egitto, dopo l'apertura, per il secondo giorno, del valico di Rafah. Inoltre altri 150 palestinesi circa hanno ricevuto trattamenti medici in Egitto per poi fare ritorno nella Striscia. A decidere l'apertura del valico di Rafah era stato il presidente egiziano Hosni Mubarak dopo l'attacco alla Flottiglia di pace. I 400 che hanno passato la frontiera, secondo fonti di sicurezza egiziana, dispongono di permessi di lavoro per l'Egitto e altri paesi Arabi. A inviare i 25 camion di aiuti medici, inoltre, è stata l'Unione dei medici arabi. Mubarak non ha specificato per quanto tempo resterá aperto il valico. Contemporaneamente, Israele ha iniziato a trasferire nella Striscia gli aiuti trovati a bordo delle navi della Flottiglia di Pace, secondo quanto ha riferito all'agenzia tedesca Dpa il maggiore Guy Inbar. Su una decina di camion sono stati portate attrezzature mediche, sedie a rotelle e alimenti. Secondo il militare, comunque, la quantità di aiuti trovati a bordo delle navi è inferiore a quanto Israele consente di inviare a Gaza ogni giorno.
Sì di 32 su 47 membri. No di Italia e Usa
Intanto la nave irlandese Rachel Cargo è in rotta verso Gaza. A bordo il Nobel Maired Corrigan-Maguire
MILANO - Sta diventando un caso internazionale. La risoluzione votata dal Consiglio dei diritti dell'uomo dell'Onu è condivisa in linea di principio dai Paesi aderenti. Ma ha avuto diverse defezioni sul metodo. La risoluzione chiede ««l’invio di una missione internazionale per indagare su violazioni del diritto internazionale» rispetto al blitz delle forze israeliane contro la flottiglia di pacifisti diretta a Gaza. Approvata da 32 dei 47 membri del Consiglio. La Francia e il Regno Unito si sono astenuti. Gli Stati uniti si sono pronunciati contro. Come l'Italia. La Farnesina che ha sottolineato che non c'è stata «una posizione comune europea».
UNA RISOLUZIONE DIBATTUTA - La sessione straordinaria del Consiglio sul raid israeliano contro la flottiglia umanitaria diretta a Gaza era stata convocata martedì su iniziativa del rappresentante palestinese, del Sudan, del Pakistan a nome della Lega araba e dell’Organizzazione della conferenza islamica. Il dibattito animato di questi giorni ha evidenziato che esistono linee non condivise tra Paesi occidentali e mondo arabo sulla natura dell'inchiesta approvata sui «princìpi» dalla maggioranza dei Paesi.
LA POSIZIONE OCCIDENTALE E LA GIUSTIFICAZIONE D'ISRAELE - Da parte dell'Unione Europea «si è stimato che bisogna tenersi alla decisione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu a New York che ha chiesto martedì l'avvio immediato di un'inchiesta imparziale, credibile e trasparente rispetto ai criteri internazionali», ha detto un diplomatico occidentale. La differenza è il carattere internazionale o non del meccanismo. Questione di lana caprina. Che così si è espressa attraverso l'intervento, prima del voto, dell'ambasciatrice americana Eileen Donahoe: «La risoluzione crea una missione internazionale prima di dare la possibilità al governo responsabile di aprire lui stesso un'inchiesta sull'incidente e sui conseguenti rischi di esacerbare una situazione giù fragile e sensibile». Tanto per capirci: la risoluzione adottata prevede che i membri incaricati siano designati dal presidente del Consiglio dei diritti dell'Uomo i cui rapporti di forza sono notoriamente in favore dei Paesi musulmani. «Ci saremmo augurati che il Consiglio dei diritti dell'uomo, come il Consiglio di sicurezza, si fossero pronunciati all'unanimità», ha sottolineato l'ambasciatore francese Jean-Baptiste Mattéi. Mentre la maggioranza dei Paesi chiedeva di cancellare l'embargo ai palestinesi, l'ambasciatore israeliano Aharon Leshno Yaar ha spiegato le ragioni del suo Paese: «Vorrei ricordare al Consiglio- ha detto- che la Striscia di Gaza è di fatto controllata dal gruppo terroristico di Hams. Questa flottiglia, se dicente umanitaria era politica e provocatrice per natura. La minaccia sulla sicurezza di Israele è costante e reale».
CAMBIARE VOLTO A MEDIO ORIENTE - Sembrerebbe un'America poco incline alle richieste di Abu Mazen che stamattina, alla Conferenza per gli investimenti internazionali nei Territori a Betlemme, annunciava che avrebbe chiesto al presidente americano Barack Obama «decisioni coraggiose per cambiare il volto del Medio Oriente». «Il mio messaggio a Obama durante il nostro incontro a Washington la prossima settimana sarà che noi abbiamo bisogno di decisioni coraggiose per cambiare il volto della regione», ha detto in apertura di una conferenza economica di Betlemme, in Cisgiordania, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen parlando dell'incontro che dovrebbe avere con il presidente Usa il 9 giugno. Barack Obama, dal canto suo, nelle prime ore del mattino, si era espresso al telefono con il premier turco Recep Tayyip Erdogan. «È importante trovare modi migliori per fornire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, senza mettere in pericolo la sicurezza di Israele, ha detto Barack Obama che ha sottolineato la necessità di arrivare a un accordo di pace organico che preveda «la nascita di uno stato palestinese indipendente, come via per risolvere la crisi». «Gli Stati Uniti continueranno a lavorare per questo obiettivo - ha aggiunto Obama - lavorando a stretto contatto con la Turchia, Israele e gli altri attori in campo perché si abbia un Medio Oriente più stabile e sicuro».
STANDING OVATION - Il discorso di Abu Mazen è continuato senza sconti a Israele, accusandola di«terrorismo di stato». E ringraziamenti alla Turchia. «Grazie alla Turchia per quanto si è esposta», ha affermato il presidente dell'Autorità nazionale palestinese. Subito dopo le parole del leader dell'Anp, che ha anche ringraziato l'Egitto, i partecipanti alla conferenza, in gran parte provenienti dal mondo arabo, hanno fatto partire un lungo applauso con una standing ovation. «Credo che questa standing ovation arriverà alla popolazione turca, che sostiene i nostri diritti», ha detto Abu Mazen parlando poi di come anche i media israeliani abbiano deplorato l'assalto alla flottiglia. «La maggior parte dei media israeliani ha criticato questa stupida, brutale aggressione israeliana - ha detto - Spero che Israele abbia imparato la lezione e accetti ora il processo di pace e la soluzione dei due Stati». Abbas ha quindi espresso l'ulteriore speranza che «la risposta palestinese a questo massacro siano la riconciliazione nazionale e l'unificazione», con un chiaro riferimento alle divergenze tra le fazioni politiche palestinesi e alla riconciliazione tra il suo partito, al-Fatah, che guida la Cisgiordania, e quello di Hamas, che controlla la Striscia di Gaza.
RIETRO IN TURCHIA -Nel frattempo, i sei italiani fermati in Israele sono stati espulsi e sono liberi. Rilasciati questa mattina, sono in viaggio verso la Turchia gli italiani detenuti da lunedì in Israele, con altre centinaia di attivisti filopalestinesi, dopo il sanguinoso blitz contro la flottiglia di aiuti in navigazione verso la Striscia di Gaza
La notizia del rilascio, annunciata fin dalle ore precedenti, è stata formalizzata in tarda mattinata da Betlemme (Cisgiordania) dal sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, che si trova in visita nella regione. Ed è stata subito dopo confermata dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, il quale si è detto «particolarmente grato al governo israeliano per la collaborazione offerta» e per la «rapida liberazione» degli attivisti italiani. «Sono particolarmente grato al governo israeliano -ha detto il capo della diplomazia italiana- per la collaborazione offerta e alla nostra ambasciata a Tel Aviv per l'impegno con cui ha sin dall'inizio seguito la vicenda adoperandosi per la rapida liberazione dei nostri connazionali e affinché i loro diritti fossero tutelati al massimo».
I sei - Giuseppe Fallisi, Angela Lano, Marcello Faraggi, Manolo Luppichini, Manuel Zani e Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin - sono stati caricati su un pullman con altri attivisti stranieri, sotto scorta e senza possibilità di contatti con l'esterno. All'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, dove è prevista la presenza di rappresentanti diplomatici italiani, li attende un volo verso la Turchia, da dove proseguiranno per l'Italia. L'accelerazione delle procedure di espulsione è scattata sull'onda delle crescenti pressioni internazionali e dopo il via libera di ieri sera del gabinetto di sicurezza israeliano, presieduto dal premier Benyamin Netanyahu, al rimpatrio «immediato» di tutti gli stranieri fermati: inclusi quei turchi che in un primo momento avevano rischiato di finire sotto processo per la reazione violenta all'abbordaggio della Mavi Marmara, la nave guida del convoglio denominato Freedom Flotilla.
LIBERAZIONI-ESPULSIONI - Già in mattinata una cinquantina di turchi aveva lasciato il centro di detenzione di Beer Sheva, mentre nella notte era stata completata l'espulsione via terra verso la Giordania di altre 124 persone - originarie di diversi Paesi arabi e musulmani - nonchè quella di tre libanesi: tutti accolti, al di là del ponte di Allenby - che collega le due sponde del fiume Giordano - da una folla inneggiante alla «libertà della Striscia di Gaza» (l'enclave palestinese controllata dal 2007 dagli islamico-radicali di Hamas) da slogan ostili verso Israele. A bordo delle navi della flottiglia c'erano in totale 682 persone di 42 diverse nazionalità. Almeno 9 sono state uccise nell'assalto delle forze speciali della marina israeliana, mentre più di 40 sono state ferite e sono tuttora ricoverate in ospedale; una cinquantina di persone, infine, era stata rimpatriata già fra lunedì sera e ieri, avendo accettato di firmare un provvedimento amministrativo d'espulsione. Tutti gli altri stranieri - rinchiusi temporaneamente nel centro di detenzione per essersi rifiutati di firmare tale provvedimento, che li avrebbe costretti ad ammettere di essere entrati illegalmente in Israele e non catturati in acque internazionali - dovrebbero essere rimpatriati entro domani in via extra giudiziale, sulla base di quanto stabilito dal gabinetto di sicurezza.
LA ROTTA DI RACHEL - Nonostante il blocco navale un'altra imbarcazione con aiuti umanitari sta tentando di raggiungere Gaza. La Rachel Cargo, mercantile da 1200 tonnellate riconvertito e allestito dall'associazione internazionale Free Gaza Movement, partito dall'Irlanda con a bordo aiuti, si sta dirigendo verso un porto nel Mediterraneo (non precisato per motivi di sicurezza) dove imbarcherà giornalisti e personalità, per proseguire poi alla volta di Gaza. L'imbarcazione, ribattezzato con il nome della donna americana uccisa a Gaza nel 2003, è partita lunedì da Malta. A bordo, 15 attivisti, tra cui un Nobel per la pace nordirlandese. Uno dei membri dell'equipaggio, Derek Graham ha spiegato che il luogo del raid in cui lunedì hanno perso la vita nove attivisti verrà raggiunto tra venerdì sera e sabato mattina. «Dopo quello che è successo lunedì mattina, siamo più determinati che mai a continuare la nostra missione», ha alla tv di Stato irlandese Rte. Graham ha asicurato che le autorità israeliane verranno informate dell'esatta posizione dei passeggeri della nave e verrà chiesto a chi è a bordo di tenere comportamenti pacifici. Non saranno più di 15 gli attivisti che verranno imbarcati e non si esclude che tra di essi vi possano essere alcuni italiani. Si sa inoltre che sarà a bordo anche il premio Nobel per la pace Maired Corrigan-Maguire (vinto per il suo impegno per la pace in Ulster) e lalto responsabile dell'Onu, Denis Halliday. Dalla nave hanno fatto sapere che «in caso di abbordaggio da parte di navi israeliane» gli attivisti a bordo della Rachel «non opporranno resistenza e si sdraieranno a terra con le mani alzate». La Rachel è sostenuta anche dal governo irlandese che ha chiesto al governo israeliano di lasciarla passare. «Siamo in continuo contato con il governo israeliano», ha dichiarato il primo ministro Brian Cowen al Parlamento. «È imperativo che non ci siano altri conflitti e altro sangue sparso|su quella che è niente di più che una missione umanitaria», ha aggiunto il ministro degli esteri irlandese Micheal Martin. La Rachel Corrie doveva, secondo programma, arrivare oggi a Gaza. Dopo il blitz ha modificato il programma. Ora si troverebbe «tra Creta e la costa dell'Africa del nord». Ieri Brian Cowen aveva messo in guardia Israele. «Se succederà qualcosa, qualsiasi cosa, ai nostri cittadini, sarà causa di conseguenze più gravi» ha detto in Parlamento. Il governo irlandese esige che la Rachel Corrie sia autorizzata a «terminare il suo viaggio e a scaricare il suo carico umanitario a Gaza» .
AIUTI DA TERRA - Altri aiuti stanno arrivando da terra. Venticinque camion carichi di rifornimenti medici per Gaza e 400 palestinesi hanno passato la frontiera tra la Striscia e l'Egitto, dopo l'apertura, per il secondo giorno, del valico di Rafah. Inoltre altri 150 palestinesi circa hanno ricevuto trattamenti medici in Egitto per poi fare ritorno nella Striscia. A decidere l'apertura del valico di Rafah era stato il presidente egiziano Hosni Mubarak dopo l'attacco alla Flottiglia di pace. I 400 che hanno passato la frontiera, secondo fonti di sicurezza egiziana, dispongono di permessi di lavoro per l'Egitto e altri paesi Arabi. A inviare i 25 camion di aiuti medici, inoltre, è stata l'Unione dei medici arabi. Mubarak non ha specificato per quanto tempo resterá aperto il valico. Contemporaneamente, Israele ha iniziato a trasferire nella Striscia gli aiuti trovati a bordo delle navi della Flottiglia di Pace, secondo quanto ha riferito all'agenzia tedesca Dpa il maggiore Guy Inbar. Su una decina di camion sono stati portate attrezzature mediche, sedie a rotelle e alimenti. Secondo il militare, comunque, la quantità di aiuti trovati a bordo delle navi è inferiore a quanto Israele consente di inviare a Gaza ogni giorno.
Ospite- Ospite
Re: Inchiesta Internazionale su Israele, sì di 32 membri su 47. Ma Italia e USA votano contro
ovviamente il nostro governo ha votato contro seguendo come sempre gli USA... tanto per cambiare
Ospite- Ospite
Re: Inchiesta Internazionale su Israele, sì di 32 membri su 47. Ma Italia e USA votano contro
E' così difficile pensare ai due stati (Israele e Palestina) in una convivenza pacifica?E l'Italia vota contro la chiarezza, si schiera con Israele e con gli USA...
Saul- Il forum è la mia vita
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Data d'iscrizione : 17.04.10
Età : 40
Re: Inchiesta Internazionale su Israele, sì di 32 membri su 47. Ma Italia e USA votano contro
purtroppo lo sbaglio è stato fatto diversi anni fa ed ora è difficile rimediare
Ospite- Ospite
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